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Una porta nel cielo |
«In questi ultimi anni nessuno ha offerto tanto buon calcio e tanti argomenti di discussione». Le parole, di Eduardo Galeano, sono dedicate a Roberto Baggio. Per molti, compreso un recente sondaggio internet nel mondo, il terzo giocatore di tutti i tempi, dopo Pelé e Maradona. Una porta nel cielo è la sua autobiografia. Il libro delle risposte, delle confidenze, degli sfoghi gentili. Il libro delle scoperte. La scoperta di un talento purissimo fin dalle giovanili; di un uomo che, ancor prima di approdare in serie A, si vede esplodere un ginocchio. Ginocchio che lo costringerà per tutta la carriera professionistica a giocare «con una gamba e mezzo».Una porta nel cielo è un’autobiografia, non un libro celebrativo. Qui, Baggio affronta tutti quei momenti di cui ancora si discute: l’addio a Firenze, il tormentato rapporto con la Juve e Torino, il rigore sbagliato a Pasadena, le troppe panchine, gli allenatori-nemici, le tante maglie cambiate, l’accusa di essere mercenario, di non essere un leader, e quella sua condizione di campione «troppo bravo per potersi permettere di giocare». Un «10» la cui unica colpa è l’arte inimitabile, incompatibile con un calcio ormai dominato dai kapò degli schemi. Un «10» che non nasconde il suo sogno per nulla proibito, «impossibile» come lo era quello concepito nell’anno di Bologna: partecipare, da capitano del Brescia, a un altro Mondiale. Il quarto. In Giappone. La terra della spiritualità. La terra del suo maestro spirituale, Daisaku Ikeda, premio delle Nazioni Unite per la Pace e qui autore di una affettuosa prefazione...
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